02
Ago

Chernobyl: cause e conseguenze del disastro nucleare

Il 26 aprile 1986 un guasto al reattore numero 4 della centrale atomica di Chernobyl, nei pressi di Kiev in Ucraina, provoca il più grande incidente della storia dell’energia nucleare. La nube radioattiva che si sviluppa investe tutta l’Europa provocando una serie di conseguenze nella popolazione. Nelle settimane successive allo scoppio, a causa delle radiazioni, sono stati trentuno i lavoratori della centrale e i pompieri che hanno perso la vita tra atroci sofferenze, ma il numero esatto delle vittime “collaterali” del disastro nucleare è tutt’oggi incerto e non vi è ormai più alcun modo di stabilire con certezza i morti diretti, ma soprattutto quelli indiretti, deceduti in seguito, a causa di malattie.

Dopo 36 ore furono evacuati i 45mila abitanti di Pripyat, la cittadina a un passo da Chernobyl, e nei giorni successivi circa 130 mila persone in un raggio di 30 km dovettero lasciare le proprie case. In totale successivamente furono circa 350 mila le persone evacuate dalla regione e costrette a trasferirsi altrove.
Prima del disastro, a Pripyat vivevano circa 50.000 persone: oggi se ne contano 0. La città è totalmente abbandonata: a poche ore dal disastro tutte le persone furono fatte evacuare, il più lontano possibile. Le costruzioni come scuole, case, edifici pubblici giacciono inutilizzate e in balia del tempo; le strade non sono più state utilizzate, e per accedervi è indispensabile avere un particolare permesso e sottoporsi in fase di uscita a una speciale doccia contro le radiazioni.

La gravità del disastro scatenò una vera e propria rincorsa all’individuazione di malattie e mutazioni genetiche dovute all’incidente: è difficile parlare di cifre ufficiali, ma furono numerosissimi i casi di tumori alla tiroide e leucemie che colpirono soprattutto i bambini e i giovanissimi, ma anche di disabilità subentrate in età matura e malformazioni sui bambini in gestazione. Girano molte foto di bambini con volti deformati o con arti sproporzionati. Gli scienziati sostengono che molti animali di grossa taglia che prima non abitavano in quelle zone hanno vissuto mutazioni genetiche che li hanno resi più resistenti, e hanno modificato le proprie abitudini alimentari: i lupi sono ricomparsi, ma di taglia più piccola rispetto ad allora, ed ha fatto ritorno il bisonte europeo, assente dagli inizi del ‘900. Insomma, qui non è più l’uomo che comanda.

Chernobyl oggi è abitata. Si stima che attualmente ci vivano circa 500 persone, dall’età media molto alta: i giovani hanno preferito cambiare città e costruirsi un futuro altrove. Gli abitanti vivono in zone specifiche e non posso accedere alle aree ad alto rischio. Nel 2019 è stato inaugurato un nuovo sarcofago d’acciaio che sarà collocato sopra quello attuale, esattamente a protezione del reattore 4 e dei materiali radioattivi al suo interno.
L’attuale sarcofago, costruito in cemento e frettolosamente a distanza di pochi mesi dall’esplosione, non è in grado (anche per via del deterioramento) di gestire e controllare il pericolo di contaminazione radioattiva del combustibile nucleare.

Chernobyl è la dimostrazione  che la tecnologia si può controllare fino a un certo punto e si arriverà a un momento in cui non sarà possibile disporre di essa, fino a giungere a un vero e proprio conflitto: “In una civiltà avanzata , è bastata una forza maggiore  a spazzare via le sue conquiste. Il progresso oggi è una specie di guerra: una guerra contro la natura e contro l’uomo. Chernobyl è una guerra attuale: le guerre del futuro saranno così. E da una guerra così nessuno si salverà, da nessuna parte”. La tecnologia può essere fondamentale per tutelare l’essere umano, ma bisogna evitare che tutto ciò si trasformi in una guerra che l’uomo rischia di perdere contro ciò che ha creato.

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